Il cuore dei gatti va sorvegliato con cura
A differenza del cane dove la diagnosi di un problema cardiaco è relativamente semplice perché associata alla presenza di segni clinici di facile identificazione come ad esempio la presenza di un soffio, nel gatto la diagnosi di una cardiopatia è più complessa in quanto le malattie cardiovascolari che colpiscono questa specie presentano un’insorgenza più subdola e spesso non associata a rilievi clinici importanti. Al di là dell’ovvietà del concetto è importante ricordare che il gatto non è un piccolo cane. Questa specie presenta infatti malattie diverse da quelle del cane, e anche situazioni di metabolismo differente. Giova in questa sede ricordare che ad esempio il tempo di durata degli effetti della comune aspirina nel gatto è di 3 giorni, e che quindi la somministrazione di questo farmaco tutti i giorni può essere associata a gravi effetti collaterali in qualche caso mortali.
Pelo lungo a rischio
Tornando alle malattie cardiache quelle maggiormente interessanti questa specie sono rappresentate dalle miocardiopatie (malattie primarie del muscolo cardiaco). Tra queste la più frequente è la miocardiopatia ipertrofica. Questa malattia è caratterizzata da un ispessimento delle pareti del ventricolo verso l’interno della camera cardiaca (ipertrofia concentrica). Questa condizione non genera segni clinici per lunghi periodi anche se a volte è possibile percepire un soffio. La malattia è maggiormente presente in alcune razze quali il Maine Coon e i Rag Doll in cui è stato possibile identificare la mutazione genica responsabile della malattia, i Persiani, ed in genere i gatti con il pelo lungo. Come detto, poiché in alcune razze è stato possibile identificare il gene responsabile della malattia, in queste è possibile eseguire un semplice test genetico per identificare gli animali malati (quale ad esempio l’esame del pelo). Deve però essere ricordato che la mutazione genica identificata nei Maine Coon e nei Rag Doll, non è la sola mutazione che è responsabile della malattia, per cui in caso di test negativo al momento attuale è ancora opportuno sottoporre i gatti di queste razze ad esami ecocardiografici periodici al fine di diagnosticare la patologia. Un altro concetto importante da conoscere è che non tutti gli ispessimenti delle pareti del cuore devono essere interpretati come miocardiopatie ipertrofiche. Infatti questa situazione può essere secondaria ad altre condizioni cliniche quali l’ipertensione e l’ipertiroidismo, patologie che devono quindi essere escluse prima di formulare diagnosi di miocardiopatia ipertrofica. Molto meno comuni nel gatto sono la miocardiopatia restrittiva e quella dilatativa. La prima è caratterizzata da un impedimento al riempimento di sangue del cuore determinato da rigidità delle pareti della stessa (in pratica è come cercare di gonfiare un palloncino di gomma con le pareti poco elastiche), la seconda è caratterizzata invece da una dilatazione del cuore con perdita della sua funzione di pompa.
La sostanza salvacuore
E’ interessante ricordare che nel gatto la cardiomiopatia dilatativa, a differenza del cane, è determinata da un deficit di un aminoacido chiamato taurina, che determina anche lesioni oculari. Il gatto non è in grado di sintetizzare questo aminoacido che deve essere quindi assunto con la dieta. In seguito a tale scoperta la maggior parte degli alimenti in commercio per i gatti hanno un supplemento di taurina e questo ha determinato una riduzione significativa di questa malattia. Una delle conseguenze più gravi delle cardiomiopatie feline è il tromboembolismo. Questo evento consiste nel passaggio nelle arterie di trombi che si sono formati all’interno delle camere cardiache. I trombi possono fermarsi nei punti in cui le dimensioni delle arterie si riducono e quindi impedire il flusso del sangue nelle zone irrorate dal vaso interessato. La più comune localizzazione dei trombi nel gatto è la biforcazione aortica (cioè dove l’aorta si divide nelle arterie destinate agli arti posteriori). La tromboembolia aortica è un evento drammatico in quanto determina paralisi del treno posteriore e forte dolore. I gatti che presentano tromboembolia di solito hanno prognosi riservata, e la terapia di questi eventi è principalmente di tipo sintomatico e con anticoagulanti al fine di ridurre il rischio della formazione di nuovi trombi. I soggetti che superano l’episodio acuto possono recuperare la funzione degli arti in parte o totalmente nel giro di 2-3 settimane. In questo periodo è importante eseguire una fisioterapia con massaggi degli arti al fine di ridurre il rischio di lesioni quali ad esempio piaghe determinate dal ridotto flusso di sangue agli arti.
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Il dott. Michele Borgarelli è Ricercatore presso il Dipartimento di Patologia Animale dell'Università degli Studi di Torino ed è diplomato al College Europeo di Medicina Interna per piccoli animali (cardiologia).